Quando si parla d’arte spesso si prendono in ballo critici e storici dell’arte. Qui vi voglio parlare della critica d’arte. Di che si tratta? Quando nasce e come si è evoluta nel tempo? Critica d’arte, nel suo significato più ampio, sta ad indicare qualsiasi commento su un’opera contemporanea o del passato. Le sue radici affondano nella storia degli antichi greci. All’epoca si definiva ekphrasis e stava ad indicare la descrizione accurata di oggetti di valore artistico, come scudi, vasi, dipinti. Un fatto è certo: qualsiasi critica d’arte implica un giudizio, esplicito o meno, sull’opera
che viene considerata. Qualsiasi commento a un quadro prevede un gusto, una prassi artistica, una visione della storia e un’estetica. Ogni critica quindi si radica in un determinato contesto socioculturale. La storia della critica quindi aiuta a comprendere meglio i nostri gusti e diventa una disciplina ausiliaria della storia dell’arte.
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L’antichità
Una critica d’arte implica, da parte di chi la scrive, una certa considerazione per gli artisti. Quindi possiamo dire che nacque quando pittori e scultori si emanciparono, uscendo dall’anonimato nel quale per lungo tempo furono relegati. I primi tentativi di critica sono stati spesso intrapresi dagli artisti stessi, come lo scultore Xenocrate, principale fonte di Plinio il Vecchio. Con lo svilupparsi del mercato, col costituirsi di collezioni, con l’interesse per le arti visive della filosofia antica e col moltiplicarsi dei viaggi, compare una critica di amatori, spesso letterati. Per loro l’interesse di un quadro sta più nel contenuto (soggetto) che nella modalità della rappresentazione (forma). Ad ogni modo, si trattasse di artisti o amatori, la riflessione antica sull’opera d’arte ha preparato gli strumenti della futura critica d’arte. Certo, la terminologia era ancora ai primi passi, ma si delinearono già i concetti, si precisarono le categorie: verosimiglianza, bellezza, edonismo, utilitarismo… Verso la fine dell’antichità sembra che gli ultimi ostacoli siano rimossi quando si sviluppa la nozione di “fantasia”, segno di un riconoscimento della creatività dell’artista.
Medioevo
Il quasi monopolio della Chiesa nell’organizzazione della produzione artistica, comportò
un brusco mutamento delle condizioni socio-culturali, ritardando di più di un millennio la nascita di una critica d’arte vera e propria. Infatti gli artisti tornarono ad essere ignorati, segregati, dato che il medioevo codificò solo le arti meccaniche. I pittori solo col tempo troveranno un loro posto nella società, restando sulle prime di nuovo confinati nell’anonimato. Sul finire del medioevo gli artisti entreranno nelle gilde professionali, accanto ai droghieri. Quando questi artigiani prenderanno in mano la penna, sarà solo per trasmettere procedimenti tecnici, ricette del mestiere. Gli unici scritti dedicati alla pittura saranno quindi, per molto tempo, manuali di bottega.
Inoltre diffidenza iconoclastica, ascetismo e svalutazione del mondo terreno, contribuiscono a limitare al minimo le espressioni critiche sull’arte. Nel medioevo per la Chiesa l’arte deve avere una funzione precisa: parlare ai fedeli, divulgare il messaggio divino. Deve piegarsi a questa esigenza raccontando in modo semplice, chiaro ed elementare. Per questo le poche notazioni critiche positive che emergono nella letteratura medievale assumono spesso carattere quasi clandestino, e sono da cogliere, spesso fra le righe, in testi dispersi. Troviamo ad esempio testi che descrivono monumenti cristiani, reali o immaginari, dove l’accento cade sempre sul programma iconografico e sul suo valore edificante. Oppure ancora guide topografiche fondate sui tesori degli itinerari di pellegrinaggio.
Rinascimento
Nel XV secolo si apre in Italia l’età dell’oro della poetica artistica: il trattato prende il posto del manuale e prepara l’arrivo del saggio. La nascita di testi teorici con regole precise ci fanno capire quanto la voglia di rispettabilità fosse forte tra gli artisti. La pittura cerca nelle scienze e nell’erudizione la giustificazione della sua pretesa allo status di arte liberale. Questa ripresa dell’emancipazione sociale dell’artista, porta Michelangelo ad essere definito “divino” e genera l’interminabile disputa tra pittori, poeti, musicisti e scultori. Alberti, Leonardo, Dürer, Vasari, Zuccaro, Lomazzo, Poussin, Reynolds e molti altri diventano parte di una genealogia di pittori-filosofi, umanisti eruditi. Inoltre gli scrittori portano il loro contributo e partecipano a questo rinnovamento.
All’inizio ogni cosa, per essere chiamata arte, deve essere soggetta alla “misura”, frutto dell’esperienza, e la pittura si afferma come un metodo razionale di conoscenza. Alla natura si aggiunge un secondo oggetto dell’imitazione: l’antico. Al suo posto presto verranno presi a modello i grandi maestri, Raffaello, Michelangelo, Tiziano, la cui opera è chiamata a recitare il ruolo d’una natura migliorata, e fonte della “grande maniera”. Da qui l’alternarsi di naturalismo e idealismo, verità e bellezza, che accompagnerà a lungo la storia dell’arte. Un altro aspetto fondamentale è la riscoperta della storia, annunciata sin dal XV secolo fiorentino e culminante nelle Vite vasariane, che sviluppa una meditazione sul senso dell’evoluzione dell’arte e delle sue forme.
Dal seicento in poi
A partire dal Seicento i critici cominciarono a soffermarsi di più sugli stili degli artisti, quasi a voler creare un parallelo tra stili artistici e stili letterari. In questo secolo ci hanno lasciato importanti testimonianze di critica d’arte Giovanni Battista Agucchi, diplomatico pontificio, arcivescovo cattolico, scrittore ed esperto d’arte. E Pietro Bellori, uno dei biografi più importanti degli artisti del Barocco. Storico dell’arte, Bellori da molti è visto come l’equivalente di epoca barocca di Giorgio Vasari. Con l’arrivo del Settecento, secolo dei lumi, emergono nuovi importanti contributi. Denis Diderot, filosofo ed enciclopedista, che con i suoi testi fece strada alla critica di attualità e all’arte impegnata. E Johann Joachim Winckelmann che realizzò un’imponente trattato di storia dell’arte, esprimendo molti giudizi critici.
Arrivando all’Ottocento non si può non citare John Ruskin, scrittore, pittore, poeta e critico d’arte britannico. John rivalutò l’arte del medioevo e con la sua interpretazione dell’arte e dell’architettura influenzò l’estetica vittoriana ed edoardiana. Pensiamo anche a Konrad Fiedler e Adolf von Hildebrand, che fecero fare un passo avanti alla critica d’arte liberando l’idea di buona arte dai vincoli del modello di imitazione della natura. Con il XX secolo arrivano personalità quali Benedetto Croce e Lionello Venturi, uno dei precursori della storia della critica d’arte. Ma soprattutto con il Novecento si fanno strada nuovi media e di conseguenza sempre più spesso i grandi personaggi della critica d’arte saranno legati alla radio e alla televisione, più che ai testi e ai saggi. In Italia parliamo di Federico Zeri, Achille Bonito Oliva, Vittorio Sgarbi, Philippe Daverio, solo per citare i più celebri.

La critica oggi
Oggi, la diversità degli approcci riflette un arricchimento della critica d’arte, che continua ad aprirsi agli apporti delle varie scienze umane. Psicologia, sociologia, fenomenologia esistenzialista, semiologia, teoria dell’informazione… Questa moltiplicazione
dei punti di vista non può essere altro che positiva, a condizione che l’uso di terminologie prese in prestito non porti alla perdita del carattere specifico della pittura. La tendenza comunque è quella della trasversalità del linguaggio per cercare di studiare e divulgare in maniera chiara, autorevole semplice. Oggi sia la critica che la storia dell’arte hanno l’arduo compito di avvicinare un pubblico sempre più distante, refrattario alle spiegazioni difficili, alle complicate analisi scientifiche.
Continua l’esplorazione
Storia della critica e della divulgazione dell’arte
C.C.