
Da sempre si realizzano copie nell’arte, ovvero imitazioni o riproduzioni di un’opera d’arte. Ma ci sono differenze tra copie e copie. Vi sorprenderete nell’esplorare questo aspetto dell’arte che è un vero e proprio mondo a parte. Partiamo da ciò che ci è più vicino. Nella cultura occidentale si distinguono diverse categorie di copie. Le ripetizioni, copie di dimensioni uguali a quelle dell’opera originale, eseguite e firmate dall’autore stesso. Le repliche, copie eseguite con misure uguali o differenti dall’originale, dall’autore stesso o sotto la sua supervisione. Le copie, eseguite fuori dall’influenza diretta dell’autore o dopo la sua morte senza però un fine fraudolento. Copiare i grandi maestri in effetti è un principio fondamentale dell’insegnamento artistico. Riduzioni, copie eseguite in dimensioni minori dell’originale. Copie ottenute per fotografia o altri procedimenti di riproduzione che, quando sono fedeli, vengono chiamate facsimili.
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I pittori medievali si sono spesso dedicati a copiare modelli precedenti. Negli scriptoria, luoghi in cui si realizzavano i manoscritti miniati, il capo del laboratorio fissava le linee principali della composizione, imponendo modelli già pronti. I pittori abbandonarono in seguito schemi precedenti. Dal XV secolo si misero a imitare la natura che rifletteva un pensiero divino, poiché le bellezze della creazione manifestano il volto stesso del divino. La copia da questo momento fu utilizzata come mezzo per far circolare opere originali apprezzate dal pubblico. Nelle botteghe del XV secolo, gli allievi, qualche volta, erano tenuti a imitare la maniera del maestro. Questo per poter realizzare copie delle sue opere, che egli potesse firmare e riconoscere, come se le avesse eseguite di sua mano. In questo senso alcune botteghe si trasformarono in vere e proprie fabbriche di quadri per soddisfare il gusto esigente della clientela.

Copie come omaggio ai grandi artisti
Alla fine del XV secolo cominciò a manifestarsi la coscienza dell’individualità artistica e quindi la non “correttezza etica” della realizzazione di copie. Ma le copie fedeli di opere famose erano sempre molto richieste. Alcuni pittori furono più copiati di altri. Pensate che si contano attualmente oltre sessanta copie antiche della Gioconda, e più di quaranta della Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci. A partire dal XVII secolo la copia divenne un genere praticato dai maggiori maestri, che la consideravano un esercizio di stile, come omaggio reso ad altri maestri o come promemoria. Sono arrivate così a noi opere realizzate da Rubens copiando Raffaello, da Watteau copiando Rubens, da Manet copiando Delacroix e da Degas, che fu bravissimo come copista.
Nel XVIII secolo il mercato della copia superò i confini europei: a Boston, nel New England, i collezionisti possedevano copie di opere italiane, e così pure a Filadelfia.
Nel XIX secolo la copia venne utilizzata per salvaguardare il ricordo di pitture murali del medioevo in via di deterioramento.
Dopo la fine dell’Ottocento, la copia non ha più la stessa voga di una volta nelle scuole di pittura: non è più letterale, ma diventa interpretativa. Le interpretazioni di Millet da parte di Van Gogh, di Delacroix da parte di Renoir, di Cézanne da parte di J. Gris, di Velázquez e Van Gogh da parte di Francis Bacon, di Ingres da parte di certi artisti della Pop Art, sono solo alcuni esempi.

Le copie in oriente
La questione copia cambia molto andando in oriente. In Cina la nozione di copia appare tra le più originali. Fu qui uno dei procedimenti impiegati dai pittori per perfezionare il proprio mestiere, ma mirò ben oltre. Ce lo conferma il sesto principio di Xie He, che riguarda la “trasmissione dello spirito degli antichi maestri mediante la copia”. Una copia non può essere puramente meccanica, e l’artista deve sentire il proprio soggetto come l’avrebbe sentito il maestro che egli studia.
Esistono quindi tre modi di copiare: i primi due, ricalco o copia a vista sono ammissibili per un tirocinio puramente tecnico. Solo il terzo tipo, l’interpretazione libera, è quello giusto. Se un pittore ritiene di essere giunto ad assimilare la visione di un maestro che ha copiato, egli non c’entra affatto nel risultato finale. C’entra invece totalmente il maestro e di conseguenza l’opera realizzata è di tale maestro. Se viene firmata col nome del suo ispiratore non è quindi un falso nel senso occidentale del termine. Un modo molto diverso di concepire il concetto di copia!
Continua l’esplorazione
L’originale e le copie nell’arte
C.C.