Egon Leon Adolf Schiele è, con Klimt, uno dei più importanti artisti austriaci di sempre. Esponente di spicco dell’Espressionismo, è stato un pittore e un incisore molto prolifico. Un artista affascinante, attorniato da un alone di angoscia che lo rende un’icona tra i “maledetti” della storia dell’arte. L’angoscia esistenziale che pervade i dipinti del pittore viennese si manifesta nell’esibizione della poetica del brutto e del tragico, nel tema della mortificazione della carne della scarnificazione del corpo. Molto di tutto ciò è espresso dal film Egon Schiele: Death and the Maiden, biopic del regista Dieter Berner che ripercorre la vita breve, ma intensa, di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Racconto reso possibile anche dal talentuoso, bello e dannato Noah Saavedra, che interpreta il ruolo del pittore e dalla fascinosa Valery Pachner nel ruolo di Wally, la modella preferita dell’artista.
La trama in poche righe
Siamo agli inizi del XX secolo ed Egon Schiele si pone già tra gli artisti più provocatori e discussi di Vienna. Nelle sue opere fissa donne bellissime e frammenti di un’epoca giunta ormai alla fine: la cosiddetta “Belle Époque” che si frantumerà in mille pezzi con lo scoppio della prima guerra mondiale. Il film inizia nel 1909, quando Schiele, appena diciannovenne, decise di abbandonare l’Accademia di Belle Arti di Vienna, con tutta l’arroganza e la sfacciataggine di un giovane genio. Vediamo quindi come Klimt, padre della secessione viennese, lo prese sotto la propria ala, procurandogli committenti, contatti e modelle. Il film poi comincia a mostrarci, tra scene passare, presenti e future, la vita del protagonista. Una vita segnata da tragici eventi e da un continuo e sottile disagio psicologico. Disagio probabilmente innescato dalla morte per sifilide del padre, avvenuta quando Schiele aveva 15 anni. Un racconto che inevitabilmente volgerà in un tragico epilogo.
L’opinione sul film
Ottima regia, ottimi gli attori, ancora poco conosciuti al grande pubblico, ma di grande talento. Tutto immortalato da un’esemplare fotografia e accompagnato musicalmente da una colonna sonora adeguata. Molte delle opere dell’artista conducono la narrazione del film, anche se prevalgono quelle in cui sono immortalate le sue modelle. Forse l’unico vero grande difetto di questo biopic sta nella resa psicologica di Egon Schiele. Il regista, impegnato nel creare una perfetta ricostruzione dei luoghi e dei tempi narrativi, sembra però essersi scordato un po’ del protagonista. Nel film non c’è tutta la parte di produzione artistica del pittore che lo vede coinvolto in prima persona, attraverso splendidi e conturbanti autoritratti. Ma ad ogni modo siamo catturati dalla storia di questo grande pittore, dalle sue angosce, dalle sue perversioni e dalla sua fragilità. Non possiamo fare a meno di emozionarci di fronte a tanto genio creativo e di versare qualche lacrima alla fine della storia.
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C.C.