
L’olandese Vincent van Gogh certo non ha bisogno di troppe presentazioni. L’artista, segnato da disagi fisici e mentali, morì prematuramente e in circostanze ancora da accertare. In vita realizzò ben 900 dipinti, più di mille disegni, numerosi schizzi non portati a termine e tanti appunti. Il pittore si dedicò anche alla sua camera da letto di cui realizzò ben tre versioni quasi identiche. È la stanza di Van Gogh ad Arles. La prima, oggi conservata al museo Van Gogh di Amsterdam, fu dipinta nell’ottobre del 1888 ma, mentre il pittore si trovava ad Arles, nel sud della Francia, per un ricovero ospedaliero, venne rovinata a causa di un’alluvione. L’artista dopo un anno circa, iniziò a creare due copie del medesimo quadro.
Una delle due ha le stesse misure del primo dipinto ed è attualmente esposta presso l’Art Institute di Chicago. L’altra, quella che vedete qui, si trova al d’Orsay. È di un formato più piccolo e Van Gogh la realizzò per spedirla alla sua famiglia in Olanda. Fu Vincent stesso a spiegare il perché di una simile opera in una delle molte lettere che scrisse al fratello Théo. L’obiettivo dell’artista era quello di comunicare calma, mettendo in evidenza la semplicità della sua camera da letto, aiutandosi con il linguaggio che conosceva meglio, quello dei colori. È per questo motivo che Van Gogh descrisse la sua opera con queste parole:
Le pareti di un lilla chiaro, il pavimento di un rosso spezzato e pallido, le sedie e il letto color giallo cromo, i cuscini e il lenzuolo verde limone chiarissimo, la coperta rosso sangue, il tavolino arancione, il catino azzurro, la finestra verde. Avevo voluto esprimere un riposo assoluto per mezzo di tutti questi diversi toni.
Il riferimento alle stampe giapponesi è evidente e d’altronde all’epoca, tra i pittori che entrarono in contatto con l’ambiente artistico francese e parigino, si diffuse una vera mania per il Giappone. Il pittore olandese giustificò la sua scelta pensando agli interni molto semplici delle case giapponesi, anche se forse persino una camera arredata con tavoli e mobili spartani può apparire tutt’altro che semplice agli occhi di un giapponese. Il risultato finale però ci trasmette angoscia: la linea nera che contorna gli oggetti, i colori netti, senza ombre, le pareti e il pavimento inclinati, quasi sul punto di crollare, danno la sensazione che tutto stia scivolando via.
Continua l’esplorazione …
Allora, ti è piaciuta l’opera? conoscevi già Vincent van Gogh? scrivimi le tue impressioni nei commenti.
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C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui