Jean-François Millet, l’Angelus

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Jean-François Millet, l’Angelus
Jean-François Millet, l’Angelus

Questo piccolo dipinto rappresenta, attraverso una scena semplice, un uomo e una donna raccolti in preghiera. L’Angelus appunto, che dà il titolo all’opera, è il nome dato al suono delle campane che, tre volte al giorno, chiamano i cattolici praticanti a recitare una preghiera in memoria dei defunti. I due contadini hanno sospeso il lavoro di raccolta delle patate e deposto tutti gli strumenti necessari come il forcone, il cesto, i sacchi e la carriola, meticolosamente rappresentati sulla tela. L’autore dell’opera raccontò nel 1865:

L’Angelus è un quadro che ho dipinto ricordando i tempi in cui lavoravamo nei campi e mia nonna, ogni volta che sentiva il rintocco della campana, ci faceva smettere per recitare l’angelus in memoria dei poveri defunti.

Un ricordo d’infanzia dell’artista quindi diede lo spunto per realizzare questo quadro. In esso non c’è la volontà di celebrare un sentimento religioso, infatti Jean-François Millet non era nemmeno un credente praticante. Il pittore si concentrò piuttosto sui ritmi che scandiscono la vita dei campi e in particolare qui osserviamo un momento di sosta, di pausa dalla fatica. In questo caso, l’interesse del pittore è rivolto al tempo del riposo. La scena è ambientata al centro di una vasta e deserta pianura, si scorge solo in lontananza un piccolo campanile, il tutto sotto il cielo rossastro del crepuscolo. Non vediamo il volto dei due contadini perché in ombra, mentre un potente effetto di controluce ne sottolinea i gesti e gli atteggiamenti. Inizialmente commissionato dal magnate americano, Thomas G. Appleton, l’opera fu terminata durante l’estate del 1857.

Angelus icona nella storia dell’arte

La tela ebbe un enorme successo popolare. Esposta per la prima volta al pubblico nel 1865, fu rivenduta a diversi collezionisti prima di arrivare nel 1910 al Louvre e infine al d’Orsay nel 1986. Il dipinto ispirò l’artista olandese Van Gogh che ne realizzò una versione e fu al centro delle attenzioni morbose di Salvador Dalì. Il pittore spagnolo era convinto che in realtà l’opera raffigurasse una coppia di genitori in preghiera sulla bara di un bimbo. Arrivò addirittura a chiedere e ottenere una radiografia che in effetti rivelò sotto strati di pittura la sagoma di un parallelepipedo. Un cambio d’idea? Forse proprio la bara, ma ad oggi questa ipotesi ha perso credito. Danneggiata da un folle nel 1932, ma poi restaurata, l’Angelus, nel corso del XX secolo, è diventata una vera icona a livello mondiale.

Scopri di più …

➡ www.artesplorando.it/2016/02/la-scuola-di-barbizon.html

C.C.

Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui

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