I cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

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I cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

Passano i giorni, e la fine di questo periodo di reclusione forzata, purtroppo, sembra ancora lontana. Tra i tanti possibili escamotages per passare il tempo, perché non approfittarne per ampliare il proprio bagaglio cinematografico? Ai più appassionati forse sembrerà di essere a corto di idee e che la ricerca di un titolo nuovo ed attraente tra i tanti proposti dai blog di cinema sia impresa sempre più ardua.

Ebbene, noi di Artesplorando abbiamo provato a stilare per voi un elenco inusuale, che propone film se non propriamente ispirati al mondo dell’arte, sicuramente caratterizzati da una buona dose di estetica, e soprattutto non troppo noti al grande pubblico. Cinque film d’autore da vedere durante la quarantena. Del resto, in un momento in cui la bellezza ci appare come un ideale tanto necessario quanto lontano dalla nostra portata, guardare un film che sia bello nel senso più esaustivo del termine, potrebbe se non altro farci trascorrere qualche ora più leggera.

Cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

1 La Favorita

Regista: Yorgos Lanthimos
Anno: 2018
Genere: Biografico, Grottesco
Durata: 120 minuti

Il maestro greco Yorgos Lanthimos, conosciuto ai più per l’onirico The Lobster, si destreggia in un grottesco dramma ambientato nell’Inghilterra del XVIII secolo alla corte della regina Anna, una donna fragile e dalla salute cagionevole. All’interno della pellicola la sovrana (interpretata da Olivia Colman) si lascia manipolare dai più stretti componenti della sua corte per ottenere un po’ di affetto e di attenzioni. Le sorti del Paese sono quindi in mano alle sue dame più fidate, Abigail (Emma Stone) e Sarah (Rachel Weisz), che lotteranno fino all’ultimo colpo per ottenere lo status di “prediletta” nonché il potere politico che ne deriva.

Il regista crea una maestosa pagina di cinema dando vita ad un dramma dove si intrecciano le fantasie e gli stereotipi più classici, meccanismi tipici della tensione cinematografica. Una carrellata di momenti giocosi e rocamboleschi alternati da inquadrature sfacciate date da veloci movimenti di camera. La confezione tecnica del film è pregevole, sia dal punto di vista delle luci (belle le sequenze al buio che richiamano Barry Lindon) che delle riprese a grandangolo. Il tutto sottolineato da un sonoro incessante e, in alcuni casi, volutamente disturbante. La Favorita suggerisce l’aspetto più tenero, ma allo stesso tempo viziato di una relazione, denunciando la vulnerabilità dei rapporti umani.

I cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

2 Les Amour Immaginare

Regista: Xavier Dolan
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata: 101 minuti

Xavier Dolan, enfant prodige canadese, all’età di ventun anni scrisse, diresse e girò questo piccolo gioiello del cinema internazionale. Francis e Marie sono due amici di vecchia data che vivono a Montreal. Un giorno, durante un pranzo, incontrano Nicolas un loro coetaneo trasferitosi da poco in città. Dal primo sguardo il ragazzo si trasforma per entrambi in un oggetto del desiderio. L’ amicizia dei due giovani rischia così di andare progressivamente in frantumi. Rispetto all’intera filmografia del giovane regista Gli amori immaginari appare come un film morbido, dolce amaro, che oscilla costantemente tra la commedia ed il dramma.

Al suo interno vi sono però gli stilemi riconoscibili nei lavori successivi del regista, che riesce come nessuno a comunicare gli stati d’animo dei personaggi attraverso le immagini. Oltre ciò merita una menzione la colonna sonora che celebra e reinterpreta i classici della musica pop. La pellicola appare acerba alla critica cinematografica, ma nella sua giovane ruvidità riesce a restituire il gusto per un cinema che non si allinea e non può essere catalogato, capace di raccontare con la magia della figurazione i sogni e le delusioni di un amore adolescenziale.

I cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

3 Cortesie per gli Ospiti

Regista: Paul Schrader
Anno: 1990
Genere: Thriller
Durata: 104 Minuti

Paul Schrader non ha bisogno di alcuna presentazione, sceneggiatore e regista pluripremiato, nel 1990 firma The Comfort of Strangers, un film tratto dall’omonimo romanzo di Ian McEwan. La trama parla di una coppia di coniugi, Colin e Mary, che per arginare la crisi della loro relazione scelgono di tornare a Venezia, città in cui passarono diversi momenti felici insieme. Una notte, durante la ricerca di un ristorante ancora aperto, la coppia si perde per calli della città, ormai rassegnati e stanchi incontrano Robert (Christopher Walken), un uomo misterioso e distinto che li invita a seguirlo in un bar frequentato da locali. Da quell’incontro la vacanza romantica prenderà una piega inaspettata per i due protagonisti. La prima parte della pellicola è decisamente flemmatica, fredda quasi a volere trasmettere anche allo spettatore la stanchezza e ripetitività che ormai caratterizza il rapporto tra Mary e Colin.

Il personaggio di Walken cambia completamente le sorti del film, che acquista di tono e cattura completamente trasmettendo un insana sensazione di malessere che permane anche dopo la visione. Questo significa che il regista è riuscito nel suo intento, seminando dubbi, incertezze, paure e inquietudini. L’allure di Venezia, che qui appare labirintica e orientaleggiante, risulta ben lontana dalle tipiche e artefatte immagini turistiche, questo grazie alla fotografia curata dal maestro Dante Spinotti, che ha conferito alla città struggenti tinte giallo-arancio. Grande il contributo tecnico di alcuni dei principali maestri nei loro campi. Le scene di Gianni Quaranta, la sceneggiatura firmata da Harold Pinter e ultimo, ma non per importanza, Giorgio Armani, che ha confezionato i costumi del film.

I cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

4 Prima Pagina

Regista: Billy Wilder
Anno: 1974
Genere: Commedia
Durata: 105 minuti

Il Maestro della commedia Billy Wilder, sul finire della sua strabiliante carriera firma un film comico e satirico senza precedenti. La pellicola, consigliata di recente anche dal cineasta Paolo Sorrentino, parla di Hildy (Jack Lemmon), brillante giornalista del Chicago Examiner, che decide di abbandonare la sua professione per sposarsi ed andare a vivere a Philadelphia con la nuova moglie interpretata da una giovanissima Susan Sarandon. Il guaio è che decide di licenziarsi in prossimità di uno degli avvenimenti più importanti per la cronaca della città. L’esecuzione di uno sprovveduto e supposto anarchico reo di aver ucciso un agente di polizia. Il direttore della sua testata (un brillante Walter
Matthau) lo sprona invano a posticipare di un giorno il suo licenziamento per occuparsi del caso.

Quando però Hildy si reca sul luogo della notizia per salutare definitivamente i colleghi degli altri quotidiani, se dapprima è reticente, si lascia sempre più catturare dall’aria di scoop esclusivo che sta tirando. Wilder con questa opera cinematografica muove una tagliente critica al giornalismo, descrivendolo come un mondo insensibile fatto di incompetenza, mediocrità ed ipocrisia. La feroce e pungente satira contro una classe professionale dipinta alla stregua di un gruppo di avvoltoi pronti ad avventarsi su qualunque preda possa rivelarsi appetibile, arrivando addirittura a manipolarne la verità, voleva far riflettere l’opinione pubblica sulle notizie che prosperano nel mondo dell’informazione e della politica.

I cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

5 Il magnifico cornuto

Regista: Antonio Pietrangeli
Anno: 1964
Genere: Commedia
Durata: 124 minuti

Il conte Artusi (Ugo Tognazzi), fabbricante di cappelli di lusso, ha una moglie giovane e dalla straordinaria bellezza (Claudia Cardinale). Il loro rapporto sembra andare a gonfie vele nella massima fiducia reciproca. Ma quando lui cede alle provocazioni di un’amica di famiglia e si concede una scappatella, comincia a sospettare che la moglie possa fare altrettanto. Lei d’altra parte è conosciuta per la sua “serietà”, ma questo non aiuta il conte che anzi trasforma il suo sospetto in una vera e propria ossessione, portandolo a cacciarsi in situazioni comiche e surreali. In un periodo di transizione come quello del Dopoguerra Pietrangeli descrive i costumi di una società in cambiamento, l’emancipazione della figura femminile e le ossessioni che questo nuovo equilibrio possono provocare nell’uomo.

È la donna che ormai conduce esplicitamente i giochi amorosi e l’uomo può solo adattarsi
cercando di mantenere al meglio il proprio ruolo ma finendo per perdere l’autonomia. Esplicita la metafora che si vede negli altri quello che si è, Tognazzi comincia a sospettare della moglie appena egli stesso tradisce e ormai da “esperto” coglie segni ovunque. La risposta in questo caso non può mai venire dall’altro, ma come per Tognazzi, diventa un necessario adattamento alla nuova realtà. Esausto, si convince della fedeltà della moglie, proprio quando lei comincia a tradirlo, e da questo momento non dubiterà più.

Emanuela Bruschi

Sono Emanuela, storica dell’arte e veneziana d’adozione. I miei interessi vertono specialmente sul rinascimento italiano e il cinema d’autore.

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