
Il pittore americano di origine russa Mark Rothko a partire dal 1947 cominciò a elaborare il suo stile inconfondibile che gli regalò tante critiche e tanta celebrità. I suoi dipinti più tipici, proprio come questo di fronte a voi, di solito sono in formato verticale, caratterizzati da grandi zone rettangolari di colore, disposte parallelamente tra loro. Spesso i bordi di queste forme sono irregolari, proprio come è evidente nel rettangolo color prugna al centro di quest’opera. I contorni frastagliati danno un effetto soffuso e pulsante, tanto che ci sembra quasi che il rettangolo centrale fluttui delicatamente sopra la tela.
Questo dipinto di media dimensione, se osservato con attenzione, produce un senso di calma e contemplazione, ma al contrario del suo aspetto rilassante costò a Rothko un notevole sforzo emotivo poiché le sue vibranti opere di colore affermano il potere della pittura astratta nel trasmettere un forte contenuto emozionale e spirituale. A tal proposito l’artista stesso disse:
Io non sono un artista astratto … Non mi interessano i rapporti di colore o di forma o niente del genere. Mi interessa solo esprimere le emozioni umane fondamentali. Tragedia, estasi, dannazione … Chi piange davanti ai miei dipinti attraversa la stessa esperienza religiosa che ho attraversato io quando li ho realizzati.
Mark Rothko e il suo tragico epilogo
Rothko soffrì sempre di depressione, aveva un carattere difficile, beveva molto, prendeva troppi barbiturici e sostanzialmente si sentiva incompreso. In quest’opera realizzata nel 1950 hanno la meglio colori abbastanza luminosi e vivaci, ma in seguito i quadri dell’artista divennero più cupi, realizzati principalmente con toni del nero e del marrone. Lo stato di angoscia che tormentò costantemente Rothko lo portò a estreme conseguenze. L’artista si suicidò nel suo studio tagliandosi le vene e intossicandosi con due flaconi di antidepressivi. Era il 25 febbraio del 1970 e il pittore aveva sessantasette anni.
Dopo la morte la sua reputazione crebbe costantemente e di conseguenza crebbero le quotazioni dei suoi dipinti, anche se non mancarono mai le critiche, spesso feroci. Nel 1972 ad esempio Keith Vaughan, pittore britannico poco più giovane di Rothko, guardando le sue opere le giudicò grandi decorazioni noiose non sorprendendosi quindi che si fosse ucciso. Una curiosità: nel 2014 l’opera di Rothko No. 6 sorpassò tutti i record venendo acquistata dal magnate russo Dmitry Rybolovlev per 186 milioni di dollari, la terza cifra più alta mai pagata ad oggi per un dipinto.
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C.C.
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