
I ritratti dei divi del cinema, del jet set e della musica americana, sono infinitamente ripetuti nelle opere di Andy Warhol, pittore, grafico e regista statunitense. Personalità ossessiva ed eccentrica, fu tra i più significativi esponenti della pop art imponendosi sulla scena artistica internazionale. La pop art fu un movimento culturale legato alle immagini di massa e alle icone popolari. Le opere degli artisti pop illustrarono la perdita di valore dei soggetti rappresentati a causa della banalità dell’immagine consumistica.
Infatti la mentalità usa e getta della società dei consumi portò non solo a una mercificazione dell’arte, ma anche a un utilizzo istantaneo delle immagini stesse e a un cannibalismo delle persone raffigurate in esse. Una volta ridotto a icona l’individuo è schiavo della superficialità dello sguardo del pubblico e delle leggi dello star system. Ed è un po’ quello che capitò a Marilyn Monroe che morì prematuramente e in circostanze ancora non chiarite nel 1962. Nei successivi anni Warhol realizzò una serie di opere su di lei, tutte basate sulla stessa pubblicità fotografica realizzata per il film Niagara.
Andy Warhol, la morte e il culto della celebrità
Questo dittico, cioè opera costituita da due pannelli, è la più grande dedicata alla diva ed è considerata come il culmine della serie. Warhol trovò in Marilyn una fusione di due dei suoi temi più ricorrenti: la morte e il culto della celebrità. Ripetendo l’immagine, egli evocò la presenza diffusissima di Marilyn nei media di allora. Il contrasto di colori e l’effetto di dissolvenza di alcune immagini, richiama la mortalità della stella di Hollywood che nonostante la sua celebrità ed elevazione a mito, non riuscì a sottrarsi al suo tragico destino.
La tecnica usata da Warhol era quella del riporto fotografico, con violenti colori, che dissacrava il concetto di unicità dell’opera d’arte, creando un procedimento artistico meccanico in cui le capacità “artigiane” dell’artista venivano annullate. Certo una critica che può essere fatta dallo spettatore è quella del “lo potevo fare anch’io”. Ma non ci si può fermare solo sul giudizio delle capacità tecniche. L’arte di Warhol è geniale nell’esprimere la società del suo tempo, nell’intuizione e nel prevedere molto di quello che venne dopo e che stiamo vivendo oggi. “Nel futuro ognuno sarà famoso per quindici minuti”, così diceva Andy Warhol. Quindici minuti di notorietà, senza esprimere particolari capacità, sono più che sufficienti. Se lo diceva Andy Warhol, che creò la maggior parte del suo successo sfruttando il consumismo e prendendosi gioco dei suoi modelli, forse qualcosa di vero c’è.
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C.C.
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