
Lui, Nam June Paik, è uno dei pionieri della video arte che, come già suggerisce il nome, è un’espressione artistica che utilizza il mezzo del video. La ricerca di Nam June Paik è incentrata su quelle che erano, tra gli anni Sessanta e Settanta, le nuove tecnologie mediatiche, ponendo particolare attenzione alla televisione e non senza un pizzico di provocazione. Dopotutto l’arte contemporanea spesso nasce proprio per farci riflettere sulla società del nostro tempo e altrettanto spesso lo fa in maniera disturbante.
Ma in questo caso su cosa volle porre l’accento l’artista? Nam June Paik aveva una posizione particolarmente critica riguardo al potere alienante e persuasivo della divulgazione televisiva.
L’artista credeva che questo mezzo di comunicazione di massa fosse al servizio di una società vuota in cui gli unici due valori erano lo spettacolo e il consumismo. L’obiettivo di Paik era quindi quello di rendere più umano il rapporto con i mezzi tecnologici di comunicazione. Per fare ciò modellò, come fosse argilla, il materiale video e sonoro di qualsiasi tipologia e lo fece usando distorsioni magnetiche, contrasti e unendo i monitor video con degli altri oggetti. Queste installazioni inusuali hanno dato vita a delle vere e proprie video sculture.
Nam June Paik e i mezzi di comunicazione di massa
Nell’opera che vedete qui non avviene niente di tutto ciò, ma ci troviamo di fronte a un video della durata di otto minuti. Non c’è il sonoro, è in bianco e nero anche se in realtà ciò che vediamo dopo titolo e autore è semplicemente uno schermo vuoto, bianco. Il titolo, “Zen for film”, è un chiaro riferimento all’omonima filosofia orientale a cui l’artista era profondamente legato, essendo originario di Seul, in Corea del Sud.
Ma come mai uno schermo bianco? Forse quello che ci vuole dare Paik in quest’opera è uno spazio vuoto che noi stessi possiamo riempire con la nostra immaginazione o lasciare bianco. L’artista fa l’esatto opposto di quello che ci propone la televisione e cioè ore e ore ininterrotte di immagini, suoni e pubblicità.
Una curiosità: il più grande scandalo riguardante una delle opere di Paik, vide protagonista anche una donna. Era il 1969 e la violoncellista Charlotte Moorman realizzò con l’artista coreano a New York una performance in cui la donna mostrava il corpo nudo a eccezione dei seni, coperti da due piccoli monitor che trasmettevano immagini interagendo con il suono del violoncello. Inutile dire che Charlotte venne arrestata per atti osceni.
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Questo post fa parte della rubrica #lopotevofareanchio, in cui se vuoi puoi esplorare l’arte contemporanea! Qui gli altri post sulla video arte.
C.C.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui