
La vita di Jan Vermeer è avvolta dal mistero tanto quanto lo sono i suoi dipinti. Realizzò pochi lavori, dei quali solo una piccola parte può essere datata con certezza; per parecchie di queste opere l’attribuzione è tuttora controversa. Potrebbe essere proprio questa intrigante mancanza di informazioni ad aver reso l’artista così famoso in tempi recenti, nonostante una carriera di modesto successo e lunghi anni di oblio. Vermeer nacque a Delft da una famiglia protestante. Il padre, Renyer Jansz Vermeer, era un esperto tessitore e mercante d’arte, nonché proprietario di una locanda. La sua formazione artistica è anch’essa oggetto di dibattiti. Per molti anni si è pensato che avesse studiato sotto la guida di Carel Fabritius, ma recentemente questa ipotesi è stata scartata.

Molti storici dell’arte considerano Leonaert Bramer come un maestro più probabile per Vermeer. Gli anni di apprendistato con grande probabilità portarono Vermeer a Utrecht e Amsterdam, importanti centri artistici dell’epoca. Nel capoluogo olandese avrebbe avuto la possibilità di acquisire la grande lezione dell’arte italiana mostrata poi nelle sue opere. Sappiamo per certo che si sposò con Catharina Bolnes nel 1653, a dispetto dell’iniziale resistenza della famiglia di lei. Nello stesso anno si unì alla Gilda di San Luca di Delft come maestro pittore. Vermeer cominciò a lavorare trattando soggetti storici, biblici e mitologici che ottennero grandi consensi. Verso la fine degli anni Cinquanta si dedicò alle scene di genere per le quali oggi è famoso.

Jan Vermeer e gli abili effetti di luce
Vermeer era capace di trasmettere una luce eccezionalmente naturale alle sue composizioni ben organizzate, abilità che vediamo perfettamente incarnata in dipinti come Stradina di Delft e La lattaia, e fu influenzato dal collega Pieter de Hooch che visse a Delft negli stessi anni. Nel corso degli anni Sessanta Vermeer riscosse grande successo, tanto da essere eletto maestro principale della Gilda nel 1662, nel 1663 e ancora del 1670 e nel 1671. Anche il suo stile maturò, diventando più fluido e raffinato. Opere come la celeberrima Ragazza con l’orecchino di perla e l’enigmatico Allegoria della pittura mostrano lo sviluppo di quell’algido distacco per il quale il pittore è diventato famoso.

Sono nello stesso tempo rivelatrici della sua grande abilità nel delineare forme e consistenze attraverso la sovrapposizione e la fusione dei colori, applicati con pennellate piccole e ravvicinate che creano costellazioni di punti luminosi. Vermeer è celebre per la sua straordinaria abilità nel riprodurre con estremo realismo gli effetti di luce. Molti dei suoi lavori più amati sono caratterizzati da riflessi luccicanti, effetto realizzato tramite una tecnica che rende il dipinto armonioso nel suo insieme e fa sì che gli oggetti si dissolvano nella luce. Se osservati a distanza le opere dell’artista creano un’illusione di luce, ombra e contorno estremamente convincente. Da vicino, invece, i piccoli punti luminosi si distinguono chiaramente.

Riflessi e costruzioni prospettiche
I riflessi e le costruzioni prospettiche sono altre importanti caratteristiche dell’opera di Vermeer, come anche le frequenti distorsioni delle proporzioni e l’inconsueta distribuzione degli elementi nello spazio. Come molti artisti del suo tempo, Vermeer nutriva un forte interesse per gli stratagemmi ottici. Sappiamo che utilizzava una camera oscura per aiutarsi nel lavoro. Antoni van Leeuwnhoek, autore delle prime osservazioni al microscopio e concittadino di Vermeer, fu probabilmente suo amico, e di certo il suo esecutore testamentario. Negli ultimi anni della sua carriera, le sperimentazioni luministiche e cromatiche ispirarono a Vermeer creazioni più astratte e dai contorni taglienti e ben definiti.
In questo periodo notevoli problemi economici colpirono l’artista. Alla sua morte, avvenuta nel 1675, la vedova dovette dichiarare bancarotta e vendere la casa e i dipinti per salvare gli ingenti debiti. L’opera di Vermeer non si diffuse ampiamente, né fu di particolare influenza per le generazioni successive. Probabilmente questo perché l’artista non si allontanò mai da Delft, o per l’estrema soggettività del suo stile. Venne riscoperto soltanto nell’Ottocento grazie a Gustave Courbet. Votati all’impresa di mostrare il mondo in maniera assolutamente oggettiva, i realisti trovarono infatti una grande fonte di ispirazione nell’opera dei pittori olandesi di genere del XVII secolo.
Continua l’esplorazione …
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Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui
C.C.