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Giovanni Bellini, pietà

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Giovanni Bellini, pietà
Giovanni Bellini, pietà
Giovanni Bellini, pietà

Una delle opere figurative più complete e programmatiche di Giovanni Bellini. Sul parapetto su cui Cristo si appoggia, sorretto dalla Madonna e da San Giovanni c’è l’iscrizione: HAEC FERE QUUM GEMITUS TURGENTIA LUMINA PROMANT: BELLINI POTERAT FLERE IOANNIS OPUS (Quando questi occhi gonfi evocano gemiti, quest’opera di Giovanni Bellini potrebbe versare lacrime). Si tratta di un frammento di un inno del primo libro delle “Elegie” di Properzio, la cui presenza alla base del dipinto afferma la formazione religiosa dell’artista. Questa Pietà è giustamente considerata uno dei dipinti più commoventi della storia dell’arte.

Un sentimento profondo permea ogni sua parte. Dal paesaggio che ricorda gli antecedenti fiamminghi, alla lucida composizione architettonica del gruppo, alla geometria astratta dei loro movimenti, che deriva da Piero della Francesca. Un sentimento appassionato, non tanto religioso quanto umano e psicologico, pervade gli attori di questo dramma. La resa del dolore ha qui la sua espressione più universale e, allo stesso tempo, la sua dimensione più privata e consapevole. Il gesto patetico della madre si riflette nell’allontanamento di San Giovanni. La costruzione dell’opera mostra un’attenta riflessione. Le figure, prese in prestito dall’immaginario popolare, sono raggruppate in primo piano contro un orizzonte infinito.

Il braccio sinistro di Cristo che termina in un pugno chiuso è quello di un atleta caduto ma non vinto. Il paesaggio appena intravisto, con la strada e il torrente che scorre, pulsa di vita terrena. Le figure si stagliano contro un cielo plumbeo da sogno. Il quadro conserva un forte elemento padovano che è evidente nei contorni, adeguando gesti e figure alle forti esigenze espressive del dramma. Il silenzioso scambio di emozioni nei volti si riflette nel magistrale gioco delle mani. Il paesaggio vuoto e metallico nei grigi freddi e lucenti dell’alba dolorosa della rinascita, accentua il senso di angoscia della scena. Sia Donatello con l’altare di Sant’Antonio da Padova che il Mantegna e i maestri fiamminghi sono le influenze che hanno ispirato a Bellini questo pathos triste e amaro.

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C.C.

Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui

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