
Opera tarda di Antonio Canova, il gruppo scultoreo delle tre Grazie è stato prodotto in un momento in cui l’artista era così famoso che il pubblico attendeva con impazienza ogni nuova opera. Fedele all’ideale neoclassico, Canova incarnava le sue percezioni della bellezza nella forma delle antiche divinità che si diceva personificassero il fascino femminile. I contemporanei hanno elogiato l’opera per il suo nuovo approccio all’argomento. A differenza delle composizioni che derivano dall’antichità classica, dove le figure esterne si girano verso lo spettatore e la figura centrale abbraccia le sue amiche dandoci le spalle, le Grazie di Canova stanno una accanto all’altra, tutte di fronte all’altra.
Le tre snelle figure femminili si uniscono nel loro abbraccio, unite non solo dalle mani giunte, ma anche dal drappo che cade dalla mano di una di loro. La composizione del Canova è compatta ed equilibrata. Le Grazie stanno attorno a un altare sacrificale su cui si trovano tre ghirlande di fiori e una ghirlanda che simboleggia i loro teneri legami. La tecnica scultorea rende le levigatissime superfici marmoree come specchi in grado di assorbire e riflettere la luce. L’imitazione della scultura antica non rappresenta per Canova un pedissequo esercizio stilistico, ma una base di partenza ineliminabile sulla quale innestare la squisita grazia del Settecento.
Le tre figure femminili costituiscono l’incarnazione dell’ideale neoclassico di bellezza. I movimenti lenti e fluenti nascono l’uno nell’altro sciogliendosi in un ritmo lento e pacato, elegante e armonioso. Il gruppo marmoreo fu commissionato dalla prima moglie di Napoleone, Josephine Beauharnais, che non fece in tempo a vedere l’opera terminata. I contemporanei pensavano che Canova avesse catturato così tanto l’ideale della bellezza da commentare le sue opere come più belle della bellezza stessa.
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C.C.
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