Antonio Allegri, nasce nel 1489 a Correggio, cittadina emiliana che gli darà i natali, il soprannome con cui passerà alla storia dell’arte e anche la sepoltura. Nonostante il rapporto indissolubile con il luogo di origine, già feudo governato dalla coltissima mecenate Veronica Gambara, l’artista si dirigerà verso i grandi centri di innovazione pittorica per la propria formazione. Infatti si formerà inizialmente da pittori poco celebri nella sua Correggio, ma ben presto viaggerà verso la Lombardia, in particolare a Mantova, dove nei primi anni del ‘500 entra in contatto, presumibilmente diretto, con l’anziano maestro Andrea Mantegna e con le sue opere più straordinarie, tra cui la camera degli sposi, importantissima per i suoi affreschi degli anni 20.
Accolse anche le influenze leonardesche dei morbidissimi sfumati chiaroscurali e la monumentalità plastica del Raffaello, ma si ritrova in lui una più generale sintesi di tutti i grandi pittori tardorinascimentali, divenendo un mirabile esempio di arte proto-manierista
Nonostante il Vasari sia restio ad ammetterlo nelle sue “Vite de’ più eccellenti pittori,
scultori ed architettori”, Antonio Allegri fu un grandissimo disegnatore, al pari del suo
successore emiliano, il Parmigianino. A differenza dei fiorentini, il Correggio utilizza il
disegno esclusivamente in funzione preparatoria dei dipinti, molto spesso complessi
per volumi, illuminazione e spazialità, e quindi che necessitavano di numerose bozze
per essere poi realizzati.

Dopo alcune piccole commissioni nella cittadina natale, l’Allegri viene chiamato a
Parma, grande centro artistico emiliano, dove realizzerà fra il 1518-1520 l’affresco sul
soffitto della camera della raffinata badessa Giovanna Piacenza, a capo del convento
di San Paolo. La camera è coperta da una volta a ombrello di gusto tardogotico, su
cui è dipinta una vegetazione ordinata e fiorita, nella quale si aprono sedici ovali dai
quali si possono vedere coppie di aggraziati e teneri putti, rimandanti al mitologico
corteo di Diana, dea della caccia, dipinta anch’essa, trionfante su biga, sulla cappa
del camino della stanza. L’opera rimanda certamente alla visione mantovana della
“camera degli sposi”, ma probabilmente anche a delle influenze romane, in
particolare raffaellesche, apprese in un viaggio giovanile di cui non si hanno però
conferme.
Secondo la leggenda, pare che Correggio abbia esclamato la celebre frase “Anch’io,
sono pittore!” Davanti ad un’opera di Raffaello, probabilmente la Madonna Sistina
oggi a Dresda. A prescindere dalla veridicità dell’accaduto, questa citazione sembra
rispecchiare a pieno lo spirito con cui l’artista si approcciava alla grandiosa pittura del
suo tempo partendo da una realtà, quella di Correggio, decisamente meno
favorevole della ricchissima Firenze o dalla innovativa Roma. La citazione si fa così
motto universale dell’ambizione mossa dalla passione, e del continuo confronto volto
al miglioramento, che riescono ad essere espressi con quelle poche parole, e ancor
di più dalle opere dell’Allegri.

Con l’affresco della camera della badessa, si apre un decennio particolarmente
prolifico per l’artista, che nell’ambiente parmigiano, e più in generale emiliano,
diviene molto apprezzato e richiesto. È il caso dell’affresco sulla cupola della chiesa
di San Giovanni evangelista, a Parma, realizzato tra 1520 e 21. La complessità
dell’opera è evidente, data la deformazione prospettica e la scarsa illuminazione
della cupola stessa. Correggio riesce ugualmente a rendere la prospettiva e i volumi
degli apostoli, schierati circolarmente lungo tutto il bordo inferiore dell’architettura,
poggianti su un anello di nuvole, al di sotto delle quali si trova, in ardito scorcio, San
Giovanni, chiamato al regno dei cieli da Cristo mentre si trovava nel suo rifugio di
Efeso, come racconta la “Legenda aurea”. Gesù è invece centrale, circonfuso da una
lucente aurea e attorniato dalla sua corte apostolica.

La maestria dell’artista sta nello svincolarsi completamente dai limiti architettonici imposti dalla cupola creando con la pittura uno spazio nuovo, in cui i fedeli dalla navata vedano frontalmente il Cristo Salvatore, mentre per i religiosi stanti nel coro della chiesa, risulti in primo piano San Giovanni. Parallelamente al lavoro come frescante, Correggio realizza anche diverse pale d’altare per diverse chiese nelle più importanti città emiliane. Con commissioni da Parma, Modena, ma anche dalla città natale e da Reggio Emilia. Proprio per quest’ultima realizzerà due pale con soggetto di madonna con bambino, ora venerati da angeli e San Girolamo, ora invece da putti e pastori, dimostrando la padronanza di una pennellata morbida, che sappia restituire i dolci volumi e gli splendidi giochi di luce ed ombre, oltre che un effetto dinamico e d’intesa, dato dal dolce incrociarsi di sguardi e di gesti appresi dalla lezione leonardesca della “vergine delle rocce”.

La fama che ottenne negli anni 20 del 500, gli permise di ricevere commissioni anche
per l’affresco della cupola del duomo di Parma, importantissimo centro culturale
dell’area emiliana. Proprio quest’opera è il suo capolavoro assoluto, che riesce a
sublimare le ricerche spaziali e compositive per le cupole precedenti e anticipare le
tendenze più vicine alla fantasia, che avranno larga diffusione un secolo più tardi con
la pittura barocca. Riprende l’idea di una corona di nubi in primo piano, già utilizzata
nella “visione di San Giovanni evangelista”, proponendo qui una serie concentrica di
ulteriori strati di nubi, che lasciano spazio ad una luce calda e radiosa, al loro centro.

Su questi anelli di nubi gruppi di santi, profeti, angeli, beati e cherubini sembrano
muoversi circolarmente. Anche Maria, vera protagonista, in quanto l’affresco
rappresenta proprio la sua assunzione in cielo, è dipinta in una posa a braccia e
sguardo rivolti all’insù e sorretta da angeli, sembra unirsi a questo moto. Nonostante
il risultato ottenuto con grande ingegno, l’opera non fu apprezzata dai
contemporanei. Solo pochi ne compresero la potenza espressiva e anticipatoria, tra
questi Tiziano addirittura disse, rivolto ai detrattori: “Rovesciate la cupola, riempitela
d’oro e non l’avrete ancora pagata a sufficienza”. Per la committenza privata, Correggio realizzò spesso opere di mirabile sapienza tecnica e dal contenuto classico e raffinato. Dopo la delusione per l’incompresa assunzione di Maria del duomo di Parma, si ritira nel paese natale, dove realizza quattro importantissimi olii a tema Gli amori di Giove per Federico Gonzaga.

Tra queste opere spicca sicuramente la Danae, dipinta nel momento in cui, nuda e
sensuale, viene spogliata del suo candido lenzuolo da un cupido fanciullo, e Zeus, in
forma di pulviscolo dorato che cade da una piccola nuvola, va ad unirsi carnalmente
a lei. Il braccio destro di cupido e quello sinistro di Danae sono allineati, esattamente
come i loro corpi, andando a significare un’allineamento anche degli intenti. L’opera
oggi alla galleria borghese di Roma, è stata di grande ispirazione per contemporanei
come Tiziano, ma anche per pittori futuri, che vedevano in questa figura candida e
contenuta una sensualità dirompente, come ad esempio Antonio Canova, che la
riprenderà proprio nella rappresentazione di Paolina Bonaparte-Borghese.
Antonio Allegri muore improvvisamente nella città natale di Correggio il 5 marzo
1534, avendo dimostrato il suo talento già in età giovanile, ma venendo stroncato
appena raggiunta una mirabile maturità. Verrà seppellito nella chiesa di San
Francesco a Correggio, vicino ad una sua madonna giovanile, oggi custodita a
Dresda. Saranno suoi debitori grandi artisti del calibro di Parmigianino, Annibale
Carracci e Rubens.
Pietro Sorrentino
Sono Pietro Sorrentino, classe 2001 e studente universitario nel corso di scienze dei beni culturali presso l’Università degli studi di Milano. Mi reputo un grande appassionato di arte, in particolar modo quella contemporanea.
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Tutti i post dedicati all’artista
– I maestri del colore, Correggio, Fratelli Fabbri Editori, n°5, 1963, di Silla Zamboni
– Itinerario nell’arte 2-versione azzurra, Zanichelli, ediz. 2017, di Giorgio Cricco e
Francesco Paolo di Teodoro https://amzn.to/3A6Yrsf
– Capire l’arte 2-versione oro, Atlas, 2018, di Gillo Dorfles, Cristina dalla Costa e
Gabrio Pieranti https://amzn.to/3Qf9mpy
– https://youtu.be/E4zoNRbGZWY
– https://youtu.be/7X2p4th3TE4
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