Uno degli artisti tedeschi più importanti del Ventesimo secolo. Max Beckmann sfugge da qualsiasi tentativo di classificazione, a causa del suo continuo passaggio da uno stile all’altro. Dopo un breve periodo a Parigi, si trasferì a Berlino nel 1904, e nel 1910 fu eletto nel consiglio della Secessione berlinese. Nelle prime opere è evidente l’influsso dell’impressionismo, ma il suo stile cambiò radicalmente dopo aver prestato servizio come infermiere volontario durante la Prima guerra mondiale. Traumatizzato dagli orrori a cui aveva assistito, Beckmann ebbe un esaurimento e fu congedato nel 1915.

Quando riprese in mano i pennelli, i suoi dipinti rispecchiavano l’agonia e i traumi dovuti alle sue ansie personali. Iniziò a dipingere soggetti religiosi, mitologici e sociali in stile cubista, a cui aggiunse una notevole intensità cromatica e la deformazione di spazi e forme. Si dedicò inoltre a ritrarre figure mascherate, con chiari intenti allegorici. Durante Gli anni della Repubblica di Weimar Beckmann godette di un certo successo. Insegnò alla scuola Stadel di Francoforte, ricevette il Premio Imperiale dell’Arte Tedesca e fu descritto come il leader della Nuova oggettività. Si trattava di un movimento che rifiutava l’espressionismo in favore del realismo.

Un artista considerato “degenerato” dai nazisti
La sua fortuna iniziò a declinare con la presa del potere di Hitler nel 1933. I nazisti consideravano l’arte moderna socialmente e moralmente corrotta e requisirono più di 500 opere di Beckmann. Il giorno dopo l’inaugurazione della tristemente famosa mostra sull’arte “degenerata”, voluta dai nazisti per denigrare l’arte moderna, che conteneva dieci dipinti di Beckmann, l’artista lasciò la Germania e si trasferì ad Amsterdam. Nonostante le difficoltà economiche e la mancanza di mezzi, continuò a dipingere instancabilmente. I suoi potentissimi trittici, ricchi di immagini epiche e anche violente, sono tra le sue opere migliori.
Max Beckmann studiò a lungo i trittici medievali tedeschi. La possibilità di rappresentare passato, presente e futuro in un solo pezzo era una sfida notevole per un artista che voleva documentare il cambiamento che stava avvenendo nel suo tempo. Partenza è fatto di pannelli cupi, a simboleggiare la violenza del nazismo, e di un pannello centrale chiaro e luminoso, quasi a offrire sollievo al tormento. Il simbolismo mitologico divenne un tema ricorrente dei trittici che seguirono.

Timoroso di suscitare le ire naziste, Beckmann nascose i quadri in un solaio, apponendovi l’etichetta: “Scene dalla Tempesta di Shakespeare”.
Dopo la guerra si trasferì negli Stati Uniti, dove trascorse gli ultimi anni insegnando arte. Produsse diversi altri trittici, rappresentando la vita negli Stati Uniti, i suoi grattacieli, i paesaggi, la gente. L’ultimo, Gli Argonauti, lo completò il giorno prima della morte.
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C.C.