Con questo artista concludiamo la carrellata di pittori protagonisti della scena fiorentina nei decenni centrali del XV secolo. Beato Angelico, Filippo Lippi, Domenico Veneziano e Paolo Uccello. Andrea di Bartolo di Bargilla detto Andrea del Castagno (Castagno, 1421 circa – Firenze, 1457) fu uno dei più validi pittori fiorentini della generazione successiva a Masaccio. Il soprannome deriva dal suo luogo di nascita, Castagno per l’appunto, piccolo paese a 50 chilometri da Firenze, lungo la strada che porta a Forlì. Egli introdusse nell’arte dell’epoca una vena di esasperato espressionismo. Questo lo vediamo nel suo modo di dipingere lineare, nervoso e tormentato. Ma anche negli atteggiamenti delle sue figure, dai volti spesso cupi e imbronciati.
Non si sa nulla sulla sua formazione, e il primo episodio documentato della sua carriera risale al 1440. In quell’anno realizzò gli affreschi per il Palazzo del Podestà in cui rappresentò un gruppo di ribelli a Cosimo de’ Medici condannati a essere appesi per i talloni. Questo episodio gli diede il soprannome di Andreino degli impiccati, ma i dipinti non esistono più. Le sue prime opere giunte fino a noi sono quindi gli affreschi nella chiesa di San Zaccaria a Venezia, realizzati nel 1442 insieme a un altro artista poco noto.
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Nel 1444 fu di nuovo a Firenze, dove disegnò una vetrata per la cattedrale, e poco tempo dopo iniziò la sua opera più importante. Si tratta di una serie di affreschi per il monastero di Santa Apollonia, raffiguranti la passione di Cristo. All’interno di questo ciclo spicca l’Ultima Cena, uno dei dipinti più celebrati del Quattrocento. Quest’opera è caratterizzata dall’impiego di una prospettiva rigorosa. Prospettiva sottolineata dal rapporto bianconero del soffitto e del pavimento e dai riflessi marmorizzati della parete sul piano di fondo, trattata a colori scuri. Per il vigore emotivo e per il realismo plastico, questi affreschi sono paragonati alle sculture di Donatello. Allo stesso tempo è chiara un’influenza della monumentalità delle figure di Masaccio.
Andrea del Castagno però esaltò non soltanto i valori morali dell’uomo, come avevano fatto Masaccio e Donatello. Raffigurò anche lo slancio vitale che anima quella macchina perfetta che è il corpo umano. Ottenne questo risultato sottolineando i volti “feroci e gravi”. Rappresentando nei minimi dettagli le rughe, i tendini, le ossa e i muscoli, con un tracciato marcato e violento. Un altro ciclo di affreschi molto interessanti realizzati dall’artista, sono quelli di villa Carducci a Legnaia. Si tratta di una serie di Uomini e donne illustri che includono, tra gli altri, Adamo ed Eva, la Sibilla Cumana, Dante, Petrarca e Boccaccio. Qui l’artista pone in risalto il suo interesse, più che per la psicologia dei personaggi, per il loro valore fisico, nonché per la sistemazione prospettica su un fondo di falso marmo privo di profondità.

Altre opere fiorentine importanti realizzate da Andrea del Castagno sono: un ritratto equestre affrescato nella cattedrale e raffigurante Niccolò da Tolentino. Il celebre condottiero è raffigurato in maniera simile a un precedente dipinto di Paolo Uccello che ritrasse Giovanni Acuto. E due affreschi di straordinaria intensità prodotti per la chiesa della Santissima Annunziata raffiguranti la Trinità con san Gerolamo e due sante e San Giuliano e il Redentore.
La morte dell’artista
L’artista mori prematuramente di peste il 19 agosto 1457. La personalità di Andrea del Castagno è stata riscoperta solo di recente: la maggior parte delle sue opere era infatti rimasta sconosciuta fino a Ottocento inoltrato. Questo anche perché una buona parte dei suoi affreschi era sepolta sotto mani di calce. Una curiosità: Giorgio Vasari scrisse che Castagno uccise l’amico Domenico Veneziano. Solo nell’Ottocento si scoprì che Andrea morì di peste ancora giovane e Domenico gli sopravvisse. Questa storia insieme all’intensità nelle opere dell’artista ci fa credere facilmente che si trattasse di un carattere sanguigno.
Di carattere impetuoso, aspro e violento, vero tipo dell’uomo dei monti, un po’ solitario e selvaggio, sembrava che, perfino nei suoi lavori, si riflettesse l’indole sua burrascosa ed irrequieta.
Evelyn Franceschi Marini
C.C.